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Diabete e alimentazione: quali cibi evitare?

Diabete e alimentazione: quali cibi evitare?

Tanto amati dal nostro palato, quanto fortemente condannati per il mantenimento della linea: i carboidrati sono macronutrienti fondamentali per l’organismo. Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, il corpo umano ha bisogno di zuccheri per sopravvivere e ottenere un livello adeguato di energia, quindi non è corretto eliminarli completamente dalla propria dieta. Questo però non significa che si possano ignorare le quantità: è opportuno, quindi, non eccedere per non incorrere nello sviluppo di disturbi e patologie. Quando i livelli di zucchero nel sangue sono eccessivi si parla di glicemia alta o iperglicemia. Questa può sfociare in complicazioni, come il diabete.

Che cos’è il diabete?

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule, soprattutto muscolari, e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno. Se l’iperglicemia non viene tenuta sotto controllo, il diabete progredisce e nel lungo termine può creare serie complicanze a tutti gli organi. Nel diabete di tipo 1, il sistema immunitario attacca le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina. Pertanto, il corpo non è più in grado di produrre l’insulina di cui ha bisogno. Le cause di questo evento non sono ancora chiare e la malattia può colpire persone di qualsiasi età, ma di solito insorge in bambini, adolescenti o giovani adulti. Il diabete tipo 2 è la forma più comune di diabete, che rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina ma non in quantità sufficienti per quanto richiesto dall’organismo. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni o anche più avanti e numerosi fattori di rischio possono associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, la sedentarietà, il sovrappeso e l’obesità.

Che ruolo ha l’alimentazione?

Una alimentazione ben bilanciata rappresenta la cura essenziale del diabete. Seguire una dieta controllata e sana serve soprattutto a mantenere sotto controllo il livello di zucchero nel sangue, mediante un corretto apporto alimentare di tutti i nutrienti necessari alla salute dell’organismo. Pur dovendo fornire un apporto calorico giornaliero uguale a quello di una persona non diabetica, in relazione alla costituzione fisica, al sesso, all’età, alla statura e all’attività lavorativa, l’alimentazione deve avere come obiettivo il controllo glicemico, il raggiungimento ed il mantenimento del peso corporeo, la prevenzione ed il trattamento dei principali fattori di rischio cardiovascolare, il mantenimento di uno stato di benessere non solo fisico ma anche psichico.

Chi soffre di diabete deve eliminare del tutto i carboidrati?

È comune convinzione che chi soffre di diabete debba eliminare del tutto i carboidrati, come pasta e pane. In realtà, si tratta di un falso mito: gli zuccheri presenti in questi alimenti costituiscono un’importante fonte di energia per l’organismo e permettono di svolgere adeguatamente le funzionalità del cervello, del cuore e dei muscoli. Questi cibi, quindi, non devono essere rimossi completamente dell’alimentazione. Pertanto è bene preferire carboidrati complessi o amidi che vengono assorbiti lentamente e che non determinano un improvviso rialzo della glicemia. Carboidrati che si possono trovare nei derivati dei cereali (pasta, riso, pane, prodotti da forno), nelle patate e nei legumi (fagioli, ceci, lenticchie, piselli).

Quali alimenti devono evitare le persone con diabete?

Buona norma è ridurre l’assunzione dei carboidrati semplici, che assimilandosi rapidamente, alzano in maniera significativa la glicemia. Tra questi gli zuccheri del miele, della marmellata, frutta (fruttosio e saccarosio), ma anche del latte e o yogurt (lattosio) oppure quelli aggiunti nelle bibite zuccherate. Le indicazioni dell’OMS prevedono l’assunzione di zuccheri liberi al 10% del nostro apporto energetico giornaliero. Diversi Paesi europei raccomandano un consumo massimo di 25gr di zuccheri liberi al giorno (o il 5% dell’apporto energetico totale) che corrisponde a 6 cucchiaini di zucchero da tavola. Il diabete, inoltre, può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. Per questo motivo, è necessario ridurre una serie di cibi che potrebbero ulteriormente danneggiare la salute del cuore. È importante ridurre gli alimenti ricchi di grassi saturi, come i latticini, il burro, l’olio di palma, compresi quelli contenuti nelle proteine animali (come gli insaccati).

Cosa mangiare?

La migliore dieta resta quella mediterranea equilibrata dal punto di vista nutrizionale, completa, ricca di fibre provenienti da ortaggi, frutta e verdura e di cereali integrali e povera di grassi di origine animali. È una dieta che è in grado di limitare l’incidenza del diabete e ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori. È consigliato il consumo di pesce, specie azzurro, 2-3 volte alla settimana, per l’apporto in Omega3 e di moderate quantità di semi e noci per gli Omega6. Via libera a tutte le verdure: insalate, biete, spinaci, cicorie, carote, barbabietole, rape, broccoli, finocchi, verze e cavoli. I legumi e i vegetali oltre ad assicurare l’apporto nutritivo in vitamine, sali minerali e fibra contribuiscono ad aumentare la sazietà di fronte ad un basso introito calorico.

Quali consigli per una dieta efficace?

  • Variare gli alimenti della dieta quotidiana, poiché ciascun alimento contiene una differente composizione di macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi) e micronutrienti (vitamine e minerali).
  • Non saltare i pasti, soprattutto la prima colazione, per non lasciare il corpo a digiuno per troppe ore. Quando si saltano completamente i pasti, il nostro organismo si allerta e rallenta il metabolismo per risparmiare energie e si prepara ad assimilare di più.
  • Consumare in giusta proporzione, durante la giornata, tutti i tre macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) frazionando durante il giorno il quantitativo di carboidrati: sono da prediligere i carboidrati complessi, riducendo al minimo gli zuccheri semplici (creme, dolci, sciroppi, bevande zuccherate, etc), a massimo il 10% del totale. È bene non dissociare i macronutrienti: è stato visto che i grassi ritardano l’assorbimento dei carboidrati e quindi l’innalzamento della glicemia postprandiale è più graduale e anche la risposta insulinica lo sarà.
  • Attenzione ai grassi che si utilizzano: per i condimenti, il consiglio è quello di prediligere soprattutto degli alimenti che apportino acidi grassi mono e polinsaturi, come l’olio d’oliva extravergine. Un’altra buona abitudine è quella di introdurre nella dieta quotidiana una quota di frutta secca e pesce, che sono fonti ricchissime di acidi grassi essenziali della serie Omega 3 e Omega 6.
  • Prediligere cereali integrali: vantano un buon apporto di fibre questo sia per la salute intestinale, sia perché hanno un effetto molto simile ai grassi e quindi ritardano l’assorbimento dei carboidrati. Consumare abitualmente i legumi, che sono un’ottima classe di alimenti e contengono carboidrati complessi a basso Indice Glicemico, un’ottima quota di fibre e di proteine vegetali.
  • Consumare proteine, che in un pasto misto favoriscono maggiore senso di sazietà e permettono di arrivare al pasto successivo con una fame non importante. Tra le carni, prediligere quelle bianche che sono meno grasse.

Sconfiggi il diabete con una corretta alimentazione. Mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue è essenziale per gestire il diabete e prevenire complicazioni a lungo termine. Grazie a un protocollo nutrizionale personalizzato, studiato per te dal dr. Stefano Malaguarnera, Biologo Nutrizionista, impara a scegliere gli alimenti giusti per fare la differenza nella tua salute quotidiana.
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Dieta detox: tutti i falsi miti da sfatare

Questo è il periodo migliore per iniziare una dieta. Archiviate le feste, molti cominciano a pensare come rimettersi in forma per l’estate. Negli ultimi anni è esplosa la moda della dieta “detox”. Non è un vero e proprio regime alimentare: non può essere considerato come un’alternativa a una dieta ipocalorica per perdere peso. Troppo spesso la dieta detox si fa oggetto di interpretazioni errate e scelte drastiche, che portano nella maggior parte dei casi a diete eccessivamente sbilanciate e che, per loro stessa natura, tendono ad interrompersi rapidamente senza portare effettivo beneficio all’organismo.

Che cosa si intende per dieta detox?

Il nome “dieta detox” viene dall’inglese “disintossicare” e viene utilizzato a volte impropriamente per indicare diete drastiche, e spesso ‘fai da te’, che promettono di perdere gonfiore e chili in eccesso in poco tempo. È un nome commerciale che accomuna queste diete a base di centrifugati, minestroni ed estratti di frutta e verdura: sono molto povere di proteine e carboidrati complessi, e quasi completamente senza grassi, e di certo non possono costituire il piano alimentare di una persona.

Serve davvero a depurare il nostro organismo?

Se abbiamo attraversato un periodo di stravizi, la dieta detox non serve. Per riportare il nostro organismo al suo equilibrio è sufficiente tornare alle buone abitudini: mangiare in modo sano e variato, eliminare il junk food e limitare il consumo di alcolici. Ci penseranno il fegato e i reni a eliminare le tossine che abbiamo accumulato. La salute è il risultato di azioni che vengono compiute giorno per giorno, non una settimana all’anno. Se dopo il periodo detox si torna al solito stile di vita, non si fa altro che riabituare il proprio organismo a un comportamento scorretto che facilita il suo disequilibrio. Per non parlare dell’effetto yo-yo, la tendenza a perdere chili e rimetterli su tutti in poco tempo. In mancanza di particolari esigenze, malattie o disturbi di salute, una alimentazione sana e benefica per la salute dovrebbe prevedere il consumo di proteine magre, cereali integrali, frutta e verdura di stagione. Questo tipo di alimentazione fornisce tutti i nutrienti di cui l’organismo necessita, migliorando la digestione, e fornendo più energia.

La dieta detox può essere dannosa?

Oltre a non essere utile, la dieta detox può portare anche a dei problemi di salute: queste diete possono provocare stanchezza, debolezza, spossatezza. Il rischio di queste alimentazioni sbilanciate è di indebolire il sistema immunitario. Insomma: si inizia la dieta detox con l’obiettivo di purificarsi e si finisce invece per indebolirsi. È un messaggio sbagliato alla base: il nostro corpo si depura naturalmente, non ha bisogno di privazioni e scelte alimentari drastiche.

Quali sono le cattive abitudini alimentari più frequenti?

In rete circolano davvero tante informazioni riguardo a questo argomento, che spesso è difficile capire quali sono vere e quali no.

  • Eliminare i carboidrati. Nessun gruppo di nutrienti deve essere eliminato, è importante che l’alimentazione sia equilibrata nel suo complesso e adeguata ai fabbisogni del singolo individuo. Nello specifico, i carboidrati sono essenziali per la nostra salute, l’importante è non consumarli in eccesso, preferire quelli a elevato contenuto di fibre e moderare il consumo di zuccheri.
  • Eliminare gli zuccheri. Gli zuccheri non sono tossici o cancerogeni, come spesso leggiamo. Tutti noi abbiamo moderatamente bisogno di zuccheri. Gli zuccheri che dovremmo assumere possono coprire fino a circa il 15% di tutta l’energia giornaliera. Le fonti da cui dovrebbero essere assunti giornalmente e più spesso sono la frutta fresca e i latticini. Particolare attenzione va invece riservata agli zuccheri liberi, che comprendono gli zuccheri aggiunti agli alimenti, le bevande zuccherate, i succhi, gli estratti, i dolci in generale. È auspicabile in questo caso limitare gli zuccheri al 5-10% dell’energia giornaliera. Significa che per un fabbisogno di circa 2000 kcal giornaliere sono raccomandati non più di 5 cucchiaini di zucchero al giorno (circa 25g). Nessuna linea guida sostiene la necessità o il beneficio di eliminare totalmente gli zuccheri dalla propria dieta.
  • Eliminare i grassi. I grassi non vanno eliminati, bisogna al massimo fare attenzione che il loro consumo sia in equilibrio con quello di carboidrati e proteine.

Cosa mangiare per depurarsi?

Certamente può esserci la necessità di sgonfiarsi o “ripulirsi” dopo un periodo nel quale si è mangiato eccessivamente, ma va fatto in tutt’altra maniera: bisogna riprendere un’alimentazione equilibrata, varia, che favorisca le naturali difese del sistema immunitario e comprenda tutti i gruppi alimentari, senza escludere grassi, carboidrati e proteine. Per aiutare il fegato a smaltire le sostanze di rifiuto bisogna limitare gli alcolici e i cibi processati che possono ostacolare la funzionalità epatica. Ci sono poi alimenti che possono supportare l’azione disintossicante del fegato: vegetali come broccoli, verze, cavoli, carciofi; e verdure amare come il radicchio. Questo non vuol dire mangiare soltanto questo: significa semplicemente introdurre questi elementi in un’alimentazione bilanciata e in uno stile di vita sano che preveda anche la giusta attività fisica.

Cosa mangiare durante l’allattamento

Cosa mangiare durante l’allattamento

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento in maniera esclusiva fino al compimento del sesto mese di vita. Il latte materno porta infatti numerosi benefici al bambino, sia per il suo sviluppo, sia come prevenzione di numerose malattie. Tuttavia, durante l’allattamento, molte neo mamme si chiedono se i cibi che mangiano possano influenzare in qualche modo il latte materno, o creare problemi al loro bambino. Sul cosa mangiare durante l’allattamento i falsi miti sono tantissimi: dai legumi ai broccoli, i divieti per le neo mamme fioccano spesso senza alcun fondamento scientifico.

Durante l’allattamento si deve mangiare di più?

Durante l’allattamento la donna può seguire il suo regime alimentare abituale purché abbia una dieta varia e bilanciata, ricca di alimenti di origine vegetale come legumi, frutta e verdura, fonti proteiche sia animali sia vegetali. Per la mamma che allatta non è necessaria nessuna dieta specifica. È sufficiente adottare qualche precauzione nella scelta dei cibi e seguire qualche piccolo consiglio pratico. Le ultime indicazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana suggeriscono di aumentare di circa 500 chilocalorie la propria dieta nei primi sei mesi di allattamento esclusivo: dovranno anche crescere le quantità di proteine, di ferro e calcio, di vitamine. Questi apporti aggiuntivi possono essere forniti con un piccolo incremento delle porzioni e l’aggiunta di uno spuntino a base per esempio di latte, yogurt, formaggio o frutta secca. È inoltre indispensabile una maggiore introduzione di liquidi.

Perché è importante bere di più?

La produzione del latte comporta un maggior dispendio di calcio, proteine e acqua. Quindi bisogna avere cura di ingerire almeno due litri di acqua al giorno, cercando di aumentare la quantità di almeno 300 ml rispetto a quella assunta in gravidanza, evitando o limitando al massimo le bevande eccitanti come tè e caffè o le bevande a base di caffeina. Via libera alle minestre, alle zuppe, ai piatti in brodo, meglio se vegetale, che consentono di assumere più liquidi senza sforzarsi di bere acqua, non sempre facile se non si è abituati. Meglio evitare le bevande zuccherate e gassate che portano calorie “vuote”, cioè prive di nutrienti. Sì anche a centrifughe di verdura e di frutta e a succhi di verdura e frutta non zuccherati.

Cosa deve mangiare una mamma che allatta?

Come dicevamo anche verdura e frutta, prima di tutto, sono riserve ideali di acqua e contribuiscono alla produzione di latte materno. Tutte le qualità di frutta e verdura, se consumate regolarmente e in buona quantità, offrono alla mamma e quindi al suo bambino buone quantità di vitamine, di sali minerali e di altre molecole utili, come i polifenoli e i carotenoidi. Preferire i cibi freschi, di stagione e provenienti da zone vicine (a Km 0), riduce il rischio di impoverimento vitaminico. L’uso di cibi integrali garantisce la presenza di minerali e vitamine che si perdono con la raffinazione e un maggior apporto di fibre utile per ridurre la stipsi materna. Prediligere quotidianamente i carboidrati complessi (pane, riso, pasta integrali) a più lento assorbimento, a quelli semplici (biscotti, dolci), per evitare eccessive oscillazioni della glicemia. Inoltre, per produrre latte ci vuole più energia: si possono aumentare un po’ le proteine, preferendo come fonti pesce, legumi e carni bianche.

Esistono alimenti che non si possono mangiare mentre si allatta?

In realtà, non esistono cibi sconsigliati in allattamento. Ma alcune scelte fatte a tavola influenzano il sapore del latte. In questo modo, il neonato continuerà a fare esperienza dei sapori e dei gusti della cucina di famiglia attraverso il latte materno. Così quando arriverà il momento dello svezzamento, il bambino sarà pronto a sperimentare quel sapore anche attraverso i cibi solidi. Sarebbe sicuramente bene evitare grassi idrogenati tipici degli alimenti confezionati (es. merendine, patatine). Importante ridurre anche il consumo degli acidi grassi saturi (tipici dei formaggi stagionati e delle carni grasse) e degli zuccheri semplici (tipici dei dolciumi vari e delle bevande zuccherate). Importante evitare il consumo di alcolici e superalcolici e ridurre gli alimenti contenenti caffeina (es. tè, caffè, coca-cola ecc). Si può bere un calice di vino durante i pasti, ma sarebbe meglio attendere circa due ore prima di riattaccare il bimbo al seno. Questa informazione sfata completamente il mito secondo il quale «la birra fa latte».

Cosa può alterare il sapore del latte materno?

Alcuni alimenti possono alterare il sapore del latte, tra questi i funghi, il cavolo, l’aglio, la cipolla e i peperoni, ma se questi sono tollerati dal lattante non ci sono problemi ad assumerli.

Quali cibi possono provocare coliche ai neonati?

Sicuramente quegli alimenti ricchi in zuccheri semplici, come per esempio i succhi di frutta; i legumi, ricchi in fibre, i quali possono provocare gonfiore anche nell’adulto. Anche broccoli e cavolfiori rientrano tra quegli alimenti che provocano maggiormente coliche nei neonati.

Ci sono cibi che se assunti in allattamento possono provocare allergie?

Latte, uova, pesce, frutta secca sono considerati alimenti allergizzanti. A volte si teme che l’assunzione di questi cibi possa far male al bambino. Non è così. Infatti, se da una parte infatti le allergie non si possono prevenire, dall’altra le società scientifiche di allergologia pediatrica raccomandano alle madri che hanno storie familiari di allergie di continuare ad assumere l’alimento incriminato, perché così facendo si aiuta il bambino a sviluppare una tolleranza verso quel cibo e si riduce la gravità dell’eventuale manifestazione allergica.

Colesterolo, perché alimentazione e sport fanno la differenza

Colesterolo, perché alimentazione e sport fanno la differenza

Le analisi del sangue hanno rilevato colesterolo alto? Quali sono i rischi legati a questa patologia? Quando si parla di colesterolo si pensa sempre a qualcosa di negativo, invece questa sostanza, che fa parte della famiglia dei lipidi, svolge funzioni di primaria importanza all’interno del nostro organismo come la costituzione delle membrane cellulari, per la produzione di bile da parte del fegato e per la sintesi di ormoni steroidei (aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo). Tuttavia se il colesterolo è in eccesso o se la prevalenza delle lipoproteine LDL (volgarmente detto colesterolo cattivo) è eccessiva può aumentare considerevolmente il rischio di malattie cardiovascolari. Se vuoi sconfiggere il colesterolo alto, sono due gli alleati che ti possono venire in aiuto: lo svolgimento di una regolare attività fisica e la dieta mediterranea.

Che cos’è il colesterolo alto?

Prima di scoprire la migliore dieta per il colesterolo alto conviene conoscere più da vicino le caratteristiche e gli eventuali pericoli del colesterolo. Il colesterolo è una molecola della famiglia dei lipidi o grassi, è una delle componenti delle membrane cellulari, ne regola la permeabilità e la fluidità ed è un precursore della vitamina D, rappresenta la sostanza di base per la sintesi degli ormoni steroidei (sia maschili che femminili, come testosterone ed estrogeni) e anche degli acidi biliari. La maggior parte del colesterolo necessario a tali funzioni è prodotto dall’organismo stesso (circa l’80%), una piccola parte, il restante 20%, invece, è introdotta attraverso l’alimentazione. L’ipercolesterolemia non è altro che una condizione di eccesso di colesterolo presente nel sangue. Il trasporto del colesterolo nei vari distretti del nostro organismo avviene tramite il nostro sistema circolatorio grazie a particolari tipi di proteine, chiamate lipoproteine. Esistono almeno due tipi di lipoproteine, quelle a bassa densità o LDL e quelle ad alta densità o HDL:

  • con la sigla HDL si fa riferimento alle lipoproteine ad alta densità, cioè High Density Lipoproteins: sono quelle che portano il colesterolo di troppo al fegato in modo che esso possa essere smaltito. Questa sigla corrisponde al colesterolo buono: in pratica, più è alto il livello di colesterolo HDL e più si beneficia del suo effetto protettivo nei confronti dei vasi;
  • con la sigla LDL, invece, si fa riferimento alle lipoproteine a bassa densità, cioè Low Density Lipoproteins: sono quelle che agiscono esattamente al contrario, visto che veicolano il colesterolo dal fegato al resto del corpo. A mano a mano che questo colesterolo cattivo si accumula, esso agevola la formazione della placca perché penetra nelle pareti dei vasi. La placca, a sua volta, è pericolosa perché può determinare un’ostruzione dei vasi sanguigni.

Ecco, quindi, che parlando di dieta per il colesterolo alto si intende un regime alimentare finalizzato a diminuire il colesterolo LDL, che è uno dei più importanti fattori di rischio per le patologie cardiovascolari. Esso, infatti, può facilitare la comparsa di ictus, di arteriti degli arti inferiori e di patologie delle arterie coronarie come l’infarto e l’angina pectoris.

Come riconoscere i sintomi del colesterolo alto?

Uno dei problemi correlati al colesterolo alto riguarda il fatto che esso nella maggior parte dei casi non dà origine a sintomi visibili e riconoscibili. Sono poi le complicazioni gravi dell’ipercolesterolemia, in genere di carattere aterosclerotico, a favorire la comparsa di claudicatio intermittens, angina pectoris, sintomi cerebrali causati dalle arterie carotidi occluse, infarto cerebrale, infarto miocardico, e così via.

Che cosa fare se soffri di colesterolo alto?

Nel caso in cui gli esami dovessero evidenziare una situazione di ipercolesterolemia, a maggior ragione se dovuta a un eccesso di LDL, si può rimediare attraverso:

  •  una dieta per il colesterolo alto, che mette nelle condizioni di ridurre sia il colesterolo LDL che il colesterolo totale;
  • lo sport, o comunque l’attività motoria, che favorisce l’incremento del colesterolo buono.

Può essere che anche abbinando l’attività fisica con una dieta corretta il livello di colesterolo totale cambi di poco. Questo non vuol dire che gli sforzi non siano serviti a niente, perché comunque agendo in questo modo si avrà un riequilibrio delle lipoproteine e dunque un ridotto rischio cardiovascolare. Nel caso in cui questi accorgimenti non dovessero risultare sufficienti, poi, potrebbe essere necessario intraprendere una terapia farmacologica, che ad ogni modo non fa venir meno la necessità di seguire uno stile di vita sano con una dieta equilibrata.

Quali sono i cibi che ci possono aiutare a mantenere corretti livelli di colesterolo?

Prime fra tutte la frutta e la verdura, bisogna cercare di consumare 2 porzioni di frutta al giorno e almeno 3 porzioni di verdura. Frutta e verdura sono infatti ricche di antiossidanti, vitamine e fibre che sono degli ottimi alleati contro il colesterolo e le malattie cardiovascolari. Molto importante è mantenere i corretti livelli di omega 3, privilegiando nella dieta il consumo di pesce azzurro e salmone almeno 3-4 volte a settimana. Legumi e cereali integrali sono anch’essi degli ottimi alleati per ridurre i livelli di colesterolo. Questi alimenti sono ricchi di fibre ed un corretto apporto di fibre contribuisce a ridurre l’assorbimento di grassi e zuccheri semplici a livello intestinale. Per aumentare l’apporto di fibre è consigliato consumare alimenti integrali, come pasta, riso e pane, e consumare cereali, come farro orzo e avena, che possiedono un buon contenuto di fibre. I cereali, insieme ad alghe e funghi, sono anche ricchi di beta-glucani, dei polisaccaridi non digeribili con proprietà ipocolesterolemizzanti ed ipoglicemizzanti. Una volta arrivati nell’intestino, i beta-glucani fungono da chelanti del colesterolo e del glucosio, riducono il loro assorbimento a livello intestinale e aiutano l’eliminazione di questi ultimi attraverso le feci. Anche il metodo di cottura dei cibi è molto importante per mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo. Bisogna cercare di evitare di cucinare utilizzando troppi grassi, è meglio privilegiare la cottura a vapore e al forno.

Quali sono invece i cibi da evitare?

In generale, bisogna cercare di limitare il più possibile i grassi, non solo quelli utilizzati come condimenti ma anche quelli naturalmente presenti nei cibi. Bisogna limitare il più possibile i grassi animali saturi come il burro, la panna, il lardo e lo strutto, ma bisogna anche prestare attenzione all’olio di palma, l’olio di cocco e quello di colza che sono grassi vegetali saturi. Ridurre anche il consumo di alimenti di origine animale ricchi di grassi, quali carni grasse e frattaglie, insaccati e salumi. Bisogna cercare di limitare i latticini interi e cercare di preferire lo yogurt magro, il latte scremato ed i formaggi più magri. Si consiglia, inoltre, di limitare il più possibile il consumo di zuccheri semplici, poiché vanno a stimolare l’azione dell’insulina, un ormone molto importante per diverse funzioni fisiologiche essenziali. Allo stesso tempo però, una permanenza prolungata dell’insulina nel sangue causa un aumento della produzione endogena di lipoproteine LDL. È importante limitare il più possibile le bevande alcoliche.

Perché è importante l’attività fisica?

L’esercizio fisico è essenziale per il benessere del corpo e soprattutto per la salute del nostro cuore. Tenersi in movimento regolarmente, infatti, aumenta i livelli di colesterolo HDL, riducendo i livelli di colesterolo LDL e dei trigliceridi nell’organismo. Non sono necessari grossi sforzi:

  • Scegli le scale al posto dell’ascensore, non costa molto tempo e porta molti benefici.
  • Lascia la macchina, soprattutto se la distanza è breve si può andare a piedi o in bicicletta.
  • Fai una passeggiata. Non c’è bisogno di fare una maratona, 20 minuti di camminata al giorno sono comunque salutari.

Quale sport scegliere per abbassare il colesterolo?

Per ottenere maggiori risultati in termini di regolazione del colesterolo cattivo e dei trigliceridi bisogna prendere in considerazione lo sport aerobico. Vale a dire un’attività in grado di coinvolgere, per un periodo di tempo superiore, più muscoli. Si attiva il consumo di ossigeno, si chiamano in causa le riserve di zuccheri e acidi grassi nel sangue per avere energia. Tutto questo differenzia l’esercizio aerobico da quello anaerobico (legato soprattutto alla crescita muscolare) e aiuta questi sport a essere favoriti per migliorare il colesterolo.

Ritenzione idrica e gambe gonfie d'estate: che fare?

Ritenzione idrica e gambe gonfie d’estate: che fare?

Benvenuta estate! Godiamocela senza problemi di ritenzione idrica, gambe gonfie e pesanti. Può capitare che in estate, complici il caldo e gli indumenti un po’ più stretti, le gambe e le caviglie si gonfino: non è soltanto un problema estetico, bensì anche di salute. Ed è per questo che è importante agire subito, per ripristinare il corretto microcircolo sugli arti inferiori e sentirsi subito meglio. Mangiare in modo sano, evitando in particolare di salare troppo le pietanze e, in generale, di consumare cibi industriali (salumi, formaggi stagionati, pesce affumicato, salatini, frutta secca tostata e salata), è il primo passo.

Perché in estate si gonfiano le gambe?

Molte donne soffrono di gambe e caviglie gonfie, per via di situazioni quali la lunga sedentarietà o, al contrario, il tanto tempo passato in piedi, l’uso di indumenti troppo stretti o di scarpe non adatte. In estate, il problema si intensifica: le alte temperature provocano la dilatazione delle vene e indeboliscono le piccole valvole deputate a regolare il flusso sanguigno di ritorno verso il cuore. In questo modo, il sangue tende ad avere più difficoltà nel salire e ristagna proprio su gambe e caviglie, dando vita a ritenzione idrica e veri e propri edemi. Questi gonfiori anomali sono senza alcun dubbio molto fastidiosi, perché danno la sensazione di avere le gambe gonfie, pesanti e, in alcuni casi, doloranti.

Che cos’è la ritenzione idrica?

La ritenzione idrica è un disturbo molto diffuso tra la popolazione, specialmente tra quella femminile. È caratterizzata da un accumulo di liquidi nello spazio extracellulare e quindi nell’interstizio, ovvero lo spazio tra le varie cellule dei tessuti. Questo è in parte dovuto ad uno scarso drenaggio del tessuto linfatico oppure all’aumento del contenuto di sodio nella matrice extracellulare, che richiamando acqua fa sì che si accumulino dei liquidi in eccesso. Questo fenomeno può tradursi nel tempo con la formazione di un vero e proprio edema tissutale. La ritenzione idrica può essere generalizzata quando riguarda tutto l’organismo oppure localizzata se l’accumulo di liquidi si osserva specialmente in aree specifiche del nostro organismo, solitamente addome o arti inferiori. I liquidi che non vengono correttamente smaltiti a causa di un’alterata funzionalità del sistema venoso o dei vasi linfatici tendono a ristagnare. Questo si traduce prevalentemente nel gonfiore eventualmente associato a dolore, rigidità articolare, ma anche ad un aumento o variazioni nelle fluttuazioni del peso corporeo, della massa corporea e talvolta, se in presenza di una infiammazione cronica, della formazione della cellulite.

Quali sono le cause?

In assegna di gravi patologie importanti, la causa principale della ritenzione idrica è uno stile di vita sbagliato. Dieta disordinata, abuso di caffè, di alcolici, fumo, sovrappeso, stare troppo tempo seduti o in piedi, mettere vestiti troppo stretti o tacchi alti, ecc. Anche il caldo, l’arrivo del ciclo mestruale, l’assunzione della pillola anticoncezionale e di alcuni farmaci come gli antipertensivi possono portare alla formazione della ritenzione idrica. Tra le cause più frequenti troviamo:

  • dieta non equilibrata, ricca di alimenti salati o contenenti caffeina;
  • abuso di alcolici:
  •  stile di vita particolarmente sedentario che può influire negativamente sulla circolazione linfatica, responsabile della rimozione di liquidi e tossine in eccesso;
  • cattivo funzionamento della circolazione sanguigna (venosa in particolare) e linfatica;
  • uso frequente e/o prolungato di trattamenti farmacologici tra i quali antinfiammatori, cortisonici, terapia ormonale sostitutiva in menopausa.

Ritenzione idrica e cellulite sono la stessa cosa?

Cellulite e ritenzione idrica non sono la stessa cosa, ma potremmo definirle come due facce della stessa medaglia. La ritenzione idrica è infatti un fattore predisponente all’insorgenza della cellulite, che per strutturarsi ha bisogno di altre componenti di natura strettamente pro-infiammatoria. Molte donne spesso attribuiscono alla ritenzione idrica e alla cellulite un aumento di peso. In assenza di patologie importanti, la ritenzione idrica non causa un gran aumento del peso, anzi in molti casi la ritenzione idrica è conseguenza di un sovrappeso. Con il sovrappeso si altera la circolazione venosa con conseguente ristagno dei liquidi.

Cosa possiamo fare per contrastare la ritenzione idrica?

Nella maggior parte dei casi si tratta di squilibri dovuti soltanto a uno scorretto stile di vita e cattive abitudini alimentari, che sono perciò facili da prevenire e da risolvere con piccole attenzioni quotidiane.

  • Bere molta acqua, almeno 2 litri di acqua al giorno specialmente in estate;
  • mangiare frutta e verdura di stagione, in particolare quella ricca di vitamina C che aiuta a proteggere i capillari sanguigni. Via libera dunque ad agrumi, ananas, kiwi, fragole, limoni, lattuga, radicchio, asparagi, broccoli, ecc.
  • seguire una dieta povera di sodio. A tal proposito, è necessario ricordare che cinque grammi di sale da cucina corrispondono a circa due grammi di sodio, ovvero la quantità massima giornaliera consigliata. Si può sostituire il sale con spezie ed erbe aromatiche;
  • consumare cibi naturalmente diuretici. Alcuni alimenti aiutano il corpo a liberarsi dell’acqua che non riesce a entrare dentro le cellule. Asparagi, finocchi, ananas, cavolfiori, caffè e tè verde sono diuretici naturali che possono liberare dai liquidi in eccesso;
  • limitare o evitare cibi raffinati, insaccati e dolci (salumi, tonno e carne in scatola, formaggi stagionati, merendine, snack, salatini, patatine ecc.);
  • avere uno stile di vita attivo. Dedicare una parte della giornata alla camminata o all’attività fisica moderata (e quindi non traumatica) aiuta la circolazione al livello del tessuto linfatico con benefici che si apprezzano su tutti i distretti corporei, in particolare agli arti inferiori.
  • indossare indumenti comodi: banditi gli abiti troppo stretti e attillati che non permettono un’ottima circolazione del sangue. Evitare anche i tacchi molto alti.
Celiachia

Celiachia: alimentazione senza glutine come terapia

Che si tratti di celiachia, allergia al grano o di sensibilità al glutine, la terapia è sempre la stessa: l’esclusione del glutine dall’alimentazione. L’attuazione pratica però varia a seconda della patologia: in presenza di celiachia la sospensione del glutine dalla dieta è a tempo indeterminato: il soggetto celiaco non deve ingerire alimenti contenenti anche solo minime tracce di glutine. In presenza di una sensibilità al glutine non celiaca, la dieta senza glutine può essere interrotta anche se generalmente andrebbe rispettata per un periodo che va da uno a due anni. L’allergia al grano obbliga a temporanee rinunce agli alimenti contenenti glutine.

La celiachia è una malattia autoimmune causata da un’eccessiva reazione del sistema immunitario al glutine e/o alla gliadina, proteine contenute nel grano, orzo e segale.

Si manifesta con diarrea cronica, perdita di peso e altri sintomi clinici, quali fatica cronica, anemia, rash cutaneo e dolori addominali. In alcuni casi, però, può anche essere “silente”, senza sintomi gastrointestinali o di altra natura, e può comportare danni intestinali continui dovuti alla cattiva assimilazione dei nutrienti. Questo perché, nella celiachia, le proteine complesse del grano, della segale e dell’orzo innescano l’attacco del sistema immunitario ai danni dell’intestino tenue: ecco la ragione per cui se non diagnosticata e curata con attenzione, può portare allo sviluppo di altre patologie autoimmuni, tra cui il diabete di tipo I, ma anche osteoporosi, infertilità, danni neurologici e, in rari casi, al cancro.

L’unica terapia per la celiachia consiste nell’escludere il glutine dalla propria dieta a tempo indeterminato.

Il passaggio a una nuova dieta rappresenta un cambiamento significativo per il paziente affetto da celiachia. Con i bambini è necessario che l’intera famiglia sia istruita sulla dieta. Anche nonni, amici e parenti, educatori e insegnanti devono essere informati per evitare di commettere errori. Una consulenza nutrizionale e informazioni pratiche sul passaggio a una dieta senza glutine aiutano il paziente a tenere sotto controllo la sua malattia.

Si inizia adottando un regime alimentare equilibrato e sano che consideri sia i prodotti gluten-free attualmente in commercio (identificabili con una spiga di grano sbarrata, logo dell’Associazione Italiana Celiachia – AIC), sia i cibi naturalmente privi di glutine. Ma è bene, oltre al tipo di alimento, fare attenzione a come si confezionano e preparano i cibi anche a casa.

Ecco alcuni consigli utili per una dieta gluten-free:

  • leggere bene le etichette: a rischio i prodotti che possono contenere il glutine la cui presenza può essere accertata sul prontuario AIC o sulle confezioni dei prodotti che devono riportare le frasi ‘non contiene fonti di glutine’ o ‘senza glutine’;
  • lavare le mani: dopo qualsiasi lavorazione con alimenti che contengono glutine è necessario lavarsi sempre le mani accuratamente;
  • luogo di lavorazione pulito o ad uso esclusivo: pulire con cura ogni superficie da eventuali residui di sostanze a rischio prima di cimentarsi nella preparazione di pietanze gluten-free;
  • attrezzi puliti o dedicati: particolare attenzione va posta anche alle attrezzature (padelle, teglie, griglie, friggitrici, piastre, impastatrici), minuterie (spatole, coltelli, cucchiai, mestoli e apriscatole) o contenitori da possibili occasioni e fonti di contaminazione. Anch’essi dovranno essere lavati a fondo o dedicati ad uso esclusivo;
  • acqua di cottura non contaminata: i cibi senza glutine non dovranno essere cotti in pentole con acqua precedentemente utilizzata per pasta contenente questa sostanza, né per lessare verdure, o allungare risotti, sughi e preparazioni dedicate al celiaco;
  • olio non utilizzato in precedenza: anche l’olio di frittura non deve essere stato utilizzato in precedenza per alcun prodotto contenente glutine;
  • uso del forno esclusivo: si consiglia di utilizzare il forno per la cottura dei cibi con e senza glutine in tempi diversi.
Difese immunitarie e nutrizione

Difese immunitarie: come rafforzarle con alimentazione

L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nel rafforzare le difese immunitarie e prevenire i malanni di stagione. Scegliendo con attenzione i cibi che si consumano ogni giorno, si fornisce il giusto nutrimento alle cellule, si contrasta l’infiammazione che è alla base di molti disturbi e si stimolano le difese naturali tenendo lontani raffreddori e influenza.

Il sistema immunitario rappresenta la nostra linea di difesa contro le minacce provenienti dall’ambiente esterno (virus, batteri, parassiti), ma anche dall’interno (cellule tumorali, cellule malfunzionanti).

Le cause principali dell’indebolimento delle nostre linee di difesa sono: stress, alcune patologie (raffreddore), l’uso smodato degli antibiotici, svariati fattori ambientali (freddo, umidità, cambio di stagione, eccessiva esposizione solare), un’alimentazione non adeguata, scarso riposo notturno, sedentarietà, affaticamento fisico e l’avanzare dell’età.

Il modo migliore e più efficace per rafforzare le difese immunitarie è adottare uno stile di vita sano, il che comporta: una dieta ricca di frutta e verdura, l’esercizio fisico regolare, non fumare, non eccedere nell’uso di sostanze alcoliche, mantenere sotto controllo il peso corporeo e la pressione arteriosa, dormire almeno 7-8 ore per notte, e osservare scrupolosamente le norme di corretta igiene personale.

Una dieta bilanciata, ricca di fibre e con il giusto apporto di vitamine e micronutrienti, può essere un valido alleato per la salute del sistema immunitario.

Il concetto stesso di “potenziamento” del sistema immunitario attraverso determinate scelte nutrizionali può essere fuorviante, in quanto pare alludere alla necessità di dover “sovraccaricare” le difese dell’organismo per renderle più efficienti. In realtà, l’obiettivo principale di un regime alimentare adeguato dovrebbe essere quello di fare in modo che il sistema immunitario abbia tutto ciò di cui ha bisogno per funzionare in modo ottimale.

In questo senso, evidenze scientifiche indicano che la carenza di alcuni micronutrienti può compromettere l’efficienza delle difese immunitarie, tra questi, le vitamine A, B6, B9, B12, C, D ed E, nonché zinco, selenio, ferro e rame, Alcuni studi suggeriscono che un consumo eccessivo di zuccheri o una dieta ricca di farine raffinate possono “indebolire” il sistema immunitario, deprimendo alcune sue funzioni e creando uno stato infiammatorio di base che, alla lunga, costituisce terreno fertile per lo sviluppo di varie malattie degenerative: ciò sembra essere causato sia da un effetto diretto di queste sostanze sul metabolismo, sia da azioni indirette come l’accumulo adiposo e la modulazione in senso negativo della flora intestinale.

Negli ultimi anni, l’attenzione scientifica si è concentrata sullo studio del microbiota intestinale e sui legami tra la sua composizione e lo stato di salute degli individui.

Il termine microbiota indica tutti i microorganismi “buoni” che compongono la flora batterica e che sono coinvolti non soltanto nei processi digestivi, ma anche nel regolare il buon funzionamento dell’organismo: un microbiota sano aiuta a proteggere da germi patogeni esterni, a mantenere l’integrità della barriera intestinale e a stimolare il sistema immunitario quel tanto che basta a mantenerlo attivo ed efficiente. Microbiota e sistema immunitario, quindi, interagiscono tra di loro e qualunque elemento condizioni le caratteristiche di tale interazione o la composizione della flora intestinale non può che influenzare anche la risposta immunitaria dell’organismo.

Per questo è bene garantire un corretto apporto di fibra: questa parte di cibo che noi non riusciamo a digerire, infatti, rappresenta il nutrimento principale e preferito dalla nostra flora batterica intestinale e la aiuta a proteggerci dagli agenti esterni addestrando meglio il nostro sistema immunitario. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), suggerisce per un individuo sano in età adulta un consumo giornaliero di almeno 25 g di fibre: una mela di 100 g, ad esempio, contiene in media circa 2.5 g di fibre, mentre un quantitativo analogo di legumi, come le lenticchie, può presentarne anche il triplo. Inoltre, per aumentare l’apporto giornaliero di fibre, è utile preferire pane e pasta integrali, evitando prodotti a base di farine raffinate.

Ci sono una serie di alimenti che svolgono un’azione immunomodulante ed antinfiammatoria, in grado cioè di garantire un adeguato funzionamento dei sistemi di difesa e di protezione dell’organismo.

Vitamina C

Risulta particolarmente prezioso l’apporto di tutti i vegetali ricchi in vitamina C. La Vitamina C è un potente antiossidante, contribuisce al sostegno del sistema immunitario e alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo. È contenuta soprattutto nelle verdure della famiglia delle crucifere come broccoli e cavolfiori oppure negli agrumi, nei kiwi e nell’uva. Ottime quindi spremute, centrifughe, frullati o smoothies di frutta e verdura, magari con aggiunta di zenzero fresco: un vero toccasana per le nostre difese immunitarie in vista dell’arrivo dell’inverno. Anche la Vitamina D svolge un ruolo fondamentale: aiuta le cellule a reagire e combattere le infezioni che minacciano l’organismo, partecipando al mantenimento della normale funziona del sistema immunitario. Gli alimenti di origine animale più ricchi di vitamina D sono l’olio di fegato di merluzzo, i pesci grassi (sgombro, sardina, tonno e salmone), gamberi, tuorlo d’uovo, formaggi e burro. I funghi rappresentano l’unica fonte vegetale. La fonte principale di questa preziosa vitamina, tuttavia, rimane il sole: è fondamentale una esposizione solare di almeno mezz’ora al giorno. Lo zinco svolge un’ampia gamma di ruoli biologici, tra i quali spicca l’azione di supporto al sistema immunitario. È essenziale per il sistema immunitario in quanto necessario per la funzionalità di molti enzimi ad esso legati ma anche per la sua capacità di controllare la produzione dei cosiddetti ROS, ovvero le specie reattive dell’ossigeno, che generano lo stress ossidativo responsabile dell’invecchiamento precoce delle cellule e di una diminuita capacità di reattività delle cellule immunitarie. Le fonti alimentari di zinco sono la carne, il pesce, i latticini, i legumi, le noci e le arachidi. Anche gli Omega-3 sono fondamentali per controllare i livelli di infiammazione: sono reperibili soprattutto nel pesce, nella frutta secca e negli oli vegetali.

Spesso solo con l’alimentazione non si riesce ad assumere queste sostanze in quantità adeguate. Ecco allora che si ricorre agli integratori.

Attenzione, però, ogni supplementazione attraverso l’assunzione di integratori alimentari, soprattutto se finalizzata all’immunostimolazione, deve essere rigorosamente personalizzata e gestita da uno specialista. Nessun supplemento, infatti, potrà mai compensare uno squilibrio nutrizionale.

Se anche tu vuoi potenziare il tuo sistema immunitario in vista dell’inverno prenota una visita con il dottor Stefano Malaguarnera, Biologo Nutrizionista di Catania, chiamando i seguenti numeri: 0957150323 / 3471143326.