Celiachia
La celiachia è una malattia infiammatoria permanente dell’intestino scatenata dal consumo di alimenti contenenti glutine (leggi la Bufala), in soggetti geneticamente predisposti.
Il glutine può causare un’ampia varietà di disturbi (sintomi), anche di gravità variabile. Nella forma classica, i più frequenti sono:
- diarrea
- gonfiore addominale
- dolore addominale
- perdita di peso, come conseguenza di malassorbimento intestinale
- rallentamento della crescita nei bambini
La celiachia si verifica quando il sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario) attacca erroneamente il tessuto sano della parete intestinale.
Più nel dettaglio, la superficie dell’intestino è ricoperta da milioni di piccole escrescenze a forma di dita, chiamate villi, che hanno la funzione di accrescerne la superficie utile ad assorbire i nutrienti introdotti con il cibo.
Nei soggetti celiaci il glutine attiva il sistema immunitario che riconosce come dannose alcune molecole dell’intestino e reagisce contro di esse provocando danni, infiammazione e l’appiattimento dei villi. Si determinano, così, i disturbi della malattia celiaca.
Il glutine
Il glutine è una proteina che si trova in tre tipi di cereali (leggi la Bufala):
- grano, di tutti i tipi (leggi la Bufala)
- orzo
- segale
È presente negli alimenti che li contengono, tra cui:
- pasta, pizza, pane, crackers, grissini
- torte, snacks
- cereali per la prima colazione
- carne e pesce impanati
È, inoltre, aggiunto a molti alimenti come additivo durante la fase di trasformazione industriale. In particolare, in:
- salse
- piatti pronti
- gelati
- alcuni tipi di yogurt
Anche la birra, prodotta dalla fermentazione dell’orzo, deve essere evitata dai celiaci.
Diffusione della celiachia
Secondo i dati della letteratura scientifica, la celiachia interessa circa l’1% della popolazione generale a livello globale. In Italia, quindi, i celiaci dovrebbero essere circa 600.000. Al 31/12/2018 i casi accertati (diagnosticati) erano poco più di 214.000. Nel nostro paese, infatti, ci sono meno di 400.000 celiaci non diagnosticati che, usando quotidianamente il glutine, presentano i disturbi (sintomi) della malattia e rischiano di andare incontro a complicazioni.
La celiachia è più frequente tra le donne (ben 2 casi su 3 riguardano il sesso femminile) e può svilupparsi a qualsiasi età.
I dati sulla diffusione della malattia in Italia sono descritti e aggiornati annualmente nella Relazione al Parlamento sulla celiachia, curata dal Ministero della Salute, che contiene anche molte informazioni utili per i celiaci. Approfondimenti sulla dieta senza glutine, sugli alimenti e sulle associazioni locali sono consultabili anche sul sito web dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC).
SINTOMI
I disturbi (sintomi) della celiachia possono variare molto. Nei casi più lievi, i malati non hanno alcun fastidio evidente e spesso scoprono di essere celiaci sottoponendosi ad analisi per altre malattie. La cura, comunque, è sempre raccomandata poiché le complicazioni della celiachia possono verificarsi anche in questi casi.
Disturbi (sintomi) comuni
Nella forma classica, il sintomo più frequente è la diarrea, causata dall’impossibilità dell’organismo di assorbire completamente le sostanze nutrienti (malassorbimento).
Altri disturbi (sintomi) comuni sono:
- gonfiore alla pancia (addominale)
- dolore addominale
- perdita di peso
- malassorbimento intestinale
- rallentamento della crescita nei bambini
Disturbi (sintomi) della forma atipica
La forma classica è sempre più rara, mentre stanno aumentando i casi accertati (diagnosticati) della forma atipica negli adulti. Tra i disturbi (sintomi) della forma atipica:
- stanchezza e affaticamento, che possono essere segnali di anemia da mancanza di ferro o di anemia da mancanza di folati
- perdita dei capelli (alopecia)
- dimagramento senza altra causa
- ulcere e lesioni ricorrenti nella bocca (aftosi orale ricorrente), perdita dello smalto dei denti (ipoplasia)
- dolori addominali ricorrenti
- vomito
- aumento del livello delle transaminasi
- disturbi del ciclo mestruale
- ridotta statura
- infertilità, aborti spontanei ripetuti
- disturbi della gravidanza
- riduzione della massa ossea (osteopenia, osteoporosi)
- formicolio e intorpidimento delle mani e dei piedi, mancanza di coordinazione muscolare (atassia)
Dermatite erpetiforme causata dal glutine
La dermatite erpetiforme è una malattia della pelle, caratterizzata da un’eruzione di vescicole e bolle che provocano un intenso prurito. Si localizza più frequentemente nella parte bassa della schiena (regione lombare), ai gomiti, alle ginocchia.
È chiamata anche celiachia cutanea o della pelle perché in questi malati il glutine, invece di provocare un’infiammazione intestinale, determina una reazione a livello della pelle (cute).
La quasi totalità dei malati risponde perfettamente ad una dieta senza glutine.
CAUSE
La celiachia è causata da una reazione anomala dal sistema di difesa dell’organismo (sistema immunitario) alle proteine del glutine, contenuto in alimenti come il pane, la pasta, i cereali e i biscotti.
È una malattia autoimmune che si verifica quando il sistema immunitario aggredisce le cellule e le sostanze sane dell’organismo ritenendole, per errore, nocive e quindi produce degli anticorpi per combatterle.
La sostanza che scatena la reazione del sistema di difesa dell’organismo è contenuta nel glutine ed è denominata gliadina. Quando è introdotta nel corpo attraverso il cibo provoca un’infiammazione della parete dell’intestino che, al suo interno, è ricoperto da milioni di piccole escrescenze a forma di dita, chiamate villi. Essi hanno la funzione di aumentare la superficie che viene a contatto con il cibo e assorbe le sostanze nutrienti in esso contenute.
Nei malati di celiachia l’infiammazione dei tessuti appiattisce i villi, riducendo la loro capacità di assorbimento e causando i sintomi della malattia celiaca.
Fattori di rischio
Non è noto perché solo il 3% delle persone che hanno la predisposizione genetica alla celiachia e consumano il glutine sviluppino prima o poi la malattia, né perché alcuni presentino sintomi lievi e altri gravi.
Tuttavia, i seguenti fattori possono avere un ruolo nello sviluppo della malattia:
Familiarità
La ricerca scientifica dimostra come la malattia celiaca sia fortemente associata a diversi alleli (variazioni normali) dei geni che interessano, soprattutto, i gruppi denominati HLA-DQ, responsabili dello sviluppo del sistema immunitario e trasmissibili ai discendenti.
I familiari di primo grado (figli, fratelli/sorelle, genitori) dei malati celiaci hanno un rischio pari a circa il 15% in più, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare la malattia celiaca.
Fattori ambientali
Si ritiene che alcuni fattori, tra cui le infezioni dell’apparato digerente (ad esempio un’infezione virale) durante la prima infanzia, possano svolgere un ruolo importante nello sviluppo della celiachia.
È stato dimostrato da recenti studi che né le modalità di allattamento (al seno o artificiale), né l’età in cui il glutine è stato introdotto per la prima volta nella dieta, ad esempio durante lo svezzamento, influenzano il rischio di sviluppare la celiachia durante l’infanzia.
Malattie autommuni
La presenza di una malattia autoimmune aumenta il rischio di sviluppare la celiachia fino a 10 volte rispetto alla popolazione generale. Le malattie associate alla celiachia includono:
- diabete mellito di tipo 1
- tiroidite autoimmune
- sindrome di Sjögren
DIAGNOSI
Attualmente, condurre esami su fasce di popolazione che non manifestano disturbi (screening) per scoprire l’eventuale presenza della celiachia non è giustificato; al contrario, è raccomandata l’esecuzione di screening nelle persone cosiddette “a rischio” perché presentano sintomi o segni suggestivi, hanno familiari di I grado malati di celiachia o soffrono di malattie autoimmuni o di malattie genetiche.
Gli esami che permettono di accertare (diagnosticare) la celiachia sono:
- esami del sangue
- biopsia intestinale
Analisi del sangue
Le analisi sono eseguite su una piccola quantità (campione) di sangue, prelevata da una vena del braccio, per determinare il livello di alcuni anticorpi (anti-endomiso e anti-transglutaminasi) presenti nel sangue periferico. Tali anticorpi, infatti, sono prodotti nei casi in cui il glutine sia percepito dall’organismo come sostanza estranea e pericolosa.
Nel periodo che precede l’esecuzione delle analisi del sangue si raccomanda, quindi, di non limitare il glutine nella dieta altrimenti i risultati delle analisi potrebbero risultare falsati.
Nel caso in cui venisse riscontrata la presenza di questi anticorpi nel sangue periferico, sarà necessario sottoporsi a una biopsia intestinale, esame che permette di verificare se i villi siano danneggiati o atrofizzati. In alcuni selezionati casi pediatrici, è possibile accertare la celiachia senza ricorrere alla biopsia intestinale.
Biopsia intestinale
La biopsia è eseguita inserendo nella bocca della persona che si sottopone all’esame un tubo sottile e flessibile, dotato di telecamera (endoscopio), e facendolo arrivare delicatamente nell’intestino tenue. Prima di iniziare, il medico può spruzzare in gola un anestetico locale per diminuire la sensibilità o somministrare un leggero sedativo per aiutare a rilassarsi.
Attraverso l’endoscopio sono prelevate piccolissime quantità (campioni) di mucosa dell’intestino tenue che poi sono analizzate al microscopio per verificare se siano presenti i segni della celiachia.
In una popolazione pediatrica selezionata (livello di anticorpi antitransglutaminasi nel sangue periferico oltre 10 volte il limite della norma), è possibile porre diagnosi senza ricorrere alla biopsia duodenale.
Il Ministero della Salute, nel 2015, ha emanato un aggiornamento delle Linee guida per l’accertamento (diagnosi) e il controllo nel tempo della celiachia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 191 del 19 agosto 2015. Le Linee guida guida contemplano due flow-charts diagnostiche, una per l’età adulta e una per l’età pediatrica e sono consultabili a questo link.
Esami successivi alla diagnosi
Una volta accertata (diagnosticata) la celiachia, è necessario eseguire periodicamente dei controlli per verificare le quantità di autoanticorpi, di ferro, di folati e di altre sostanze presenti nel sangue che variano in base al livello dell’infiammazione.
Solo negli adulti, dopo almeno 18 mesi dall’accertamento della malattia, è consigliata l’esecuzione di una densitometria ossea. L’esame consiste nel sottoporsi a raggi X che misurano la quantità di minerali presenti nell’osso (densità ossea) per valutare se sia presente l’osteoporosi. Una carenza di sostanze nutritive e, in particolar modo, di calcio e vitamina D, causata dal malassorbimento intestinale può rendere le ossa deboli e fragili (osteoporosi).